L’OLIO DI NARA, DALL’ANTICA CITTÀ ROMANA UN MARCHIO PER LE OLIVE DI SIDI BOUZID

Ayet, ingegnera della produzione alimentare, ha scelto di restare in una delle zone più povere della Tunisia, per riaffermarne con orgoglio la vocazione agricola e rilanciarne l’identità sul mercato.

Nara era un’antica città romana famosa nel mondo antico per essere tra le maggiori produttrici di olio dell’area. Le sue vestigia sono ancora visibili e l’eco della sua fama è tuttora viva nell'attuale governatorato di Sidi Bouzid,  regione interna a vocazione agricola dove si accese la scintilla della rivoluzione del 2011, ma che a distanza di oltre un decennio continua ad essere povera e marginale. Da qui, dalla tradizione del suo paese, Ayet Garrach ha preso l’ispirazione non solo per il logo della sua impresa, ma anche per la riscoperta e la valorizzazione di un territorio che stava perdendo questo aspetto della sua identità.

E lo ha fatto avviando un’impresa per l’imbottigliamento e l’etichettatura dell’olio di oliva di produzione locale, creando un marchio e vari tipi di confezioni al dettaglio, diverse a seconda dei mercati cui sono destinati: il primo passo per ottenere visibilità e allargare i confini del proprio bacino di consumatori di riferimento. Con una potenziale ricaduta positiva sull'immagine dell’intera produzione locale. 

L'olivocoltura occupa infatti un posto strategico nell'agricoltura tunisina, con quasi 1,8 milioni di ettari destinati a olivi, ma l’olio di queste zone viene ancora in gran parte venduto sfuso, facendo perdere traccia dell’origine, delle tradizioni e dei sapori caratteristici. 

Le varietà principali in Tunisia sono la Chemachali e la Chetoui. Producono oli dai gusti diversi e ben riconoscibili: poco amaro e poco piccante il primo, con retrogusto di erba tagliata il secondo. Ce lo spiega la stessa Ayet Gharrat, 31 anni, ingegnera di professione e titolare di un master in gestione sostenibile della produzione alimentare.  “Prima di decidere di intraprendere l’impresa di Nara Oil facevo l’assaggiatrice di oli – racconta – e mi sono accorta che quello della nostra regione era utilizzato ovunque, ma Sidi Bouzid non veniva mai menzionata”. 

Questa è stata dunque la prima spinta per Ayet. “Questa è regione olivicola, produciamo olio da secoli e ho pensato che avremmo dovuto essere in grado di sviluppare una filiera che andasse dalla produzione all’imbottigliamento, e di dare visibilità al territorio e ai contadini”. Ed è proprio dall’imbottigliamento e dall’etichettatura che cominciamo il tour nel suo laboratorio dove due lavoratrici stanno attaccando le etichette alle bottiglie di Nara, versione lusso per il kit regalo: “Abbiamo due macchine per etichettare le bottiglie, ma in alcuni casi, come le confezioni regalo, sono più delicate e dobbiamo procedere a mano”. 

Il laboratorio è immerso nel bianco e trasmette tutta l’asetticità richiesta a un laboratorio alimentare, ma il racconto di Ayet riscalda l’ambiente: “il percorso dell’olio, che ci arriva dai nostri fornitori locali selezionati – dice - va dalle cisterne per lo stoccaggio di inizio stagione alla riempitrice, attraverso dei condotti. E lì c’è sistema meccanizzato per riempire e chiudere la bottiglia, per l’avvitamento del tappo e poi per l’etichettatura”.

Chi sono i produttori di Nara? “Devono possedere alti standard ambientali e non usare pesticidi, naturalmente. Inoltre, il livello salariale deve essere uguale per uomini e donne, mentre normalmente in questo ambito gli uomini vengono pagati il doppio ”.

Sono questi solo alcuni dei principi dell’economia sociale e solidale che Nara Oil applica a questa piccola ma dinamica impresa, iniziata nel 2020 proprio con il progetto Restart: “Avevo in mente questa idea fin dal 2018 - racconta la giovane imprenditrice -  ma si è potuta concretizzare soltanto con Restart e con il sostegno della CitESS locale: grazie al progetto ho ricevuto una formazione adeguata per l’ideazione di impresa e lo sviluppo del business plan, e soprattutto mi sono formata anche sui concetti e i valori dell’economia sociale e solidale che, per me e questo territorio, era pura innovazione”. 

Dal punto di vista dei salari e dei dipendenti Ayet ci dice che sono 3 le persone stabilizzate, mentre 2 vengono assunte in modo stagionale. Si tratta di 4 donne e un uomo. Dal punto di vista del territorio il loro impegno è concreto: “Ogni anno scegliamo due agricoltori locali che ci forniscono l’olio, all’interno di una grande cooperativa che ne conta circa 900. Lavoriamo solo con persone che rispettino i diritti del lavoro e garantiscano un lavoro decente. Inoltre il contratto che facciamo con i fornitori prevede che alla fine dell’anno il 5% del ricavo netto venga devoluto alla stessa cooperativa di contadini, che stabilisce ogni volta una tipologia di intervento sociale da realizzare. L’ultima volta è stato finanziato un centro di salute dentro una scuola primaria”.

Le ricadute sul territorio sotto forma di progetto collettivo di un’impresa così sono evidenti, anche se quantitativamente ancora piccole. Nara è una piccola realtà che, nonostante il sostegno di Restart, ha dovuto scontrarsi con alcuni ostacoli: “Nei primi tre anni è stato molto faticoso – ricorda Ayet – perché era il momento dell’assestamento; inoltre con la pandemia di Covid, c’è stata una grande fluttuazione dei prezzi delle olive, e abbiamo avuto dei problemi di approvvigionamento rispetto alla capacità di produzione. Oggi abbiamo le nostre nicchie di mercato: ci sono prodotti di consumo quotidiano che vendiamo anche a Sousse e a Tunisi e un prodotto di alta gamma, che comunque riesce a mantenere prezzi concorrenziali perché la filiera corta ce lo permette. Quello che ci manca ora è il salto verso l’esportazione, anche se abbiamo già adempiuto a tutte le procedure burocratiche ministeriali per poterla fare e abbiamo la certificazione di commercio equo e solidale”. 

C’è da sottolineare che la Tunisia, pur essendo un grande produttore di olio d’oliva, non ha un consumo interno altrettanto forte: si stima che il consumo di olio pro capite sia di circa 23 kg all'anno, ma i tre quarti del consumo sono costituiti da oli di semi importati, che beneficiano di sovvenzioni statali. La promozione del consumo locale di olio d’oliva si scontra dunque con il fatto che il suo prezzo al consumo è di 2-3 volte superiore a quello dell'olio di semi.

Problemi strutturali e cronici del paese (fluttuazione dei prezzi, disordini politici, andamento del mercato) influiscono dunque chiaramente sul successo o meno di una piccola impresa, ma per ora Ayet e le dipendenti riescono a ricavare un salario dignitoso e ad andare avanti, affermandosi sempre di più nell’ambiente e vincendo premi nazionali e internazionali: “Abbiamo vinto come migliore qualità olio di oliva a Doha in Qatar” dice Ayet mostrandoci il premio che sta nella vetrina dell’ufficio. Successi che implicano anche una vera e propria “rivoluzione” culturale: “Il settore dell’olivicoltura è molto maschile e maschilista. Non è stato facile affermarsi come donna. Ma posso dire di avercela fatta. E con me ci sono tante altre donne. Abbiamo messo un piede in questo campo e non ce ne andremo facilmente.” 

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