ALA AJLA, SE LE CONSEGNE SU DUE RUOTE SONO QUASI UNA RIVOLUZIONE

Anis Becha, da giovane ingegnere, era pronto a partire per un anno di perfezionamento in Canada quanto la rivoluzione del 2011 ha cambiato tutto, ma anche bloccato le procedure del suo visto. Ma ha saputo trasformare questa occasione persa in un’opportunità, e ha creato un’impresa che offre un servizio di trasporto rapido a impatto ambientale zero per le attività commerciali di Mahdia. E anche per le persone che ne hanno bisogno, svolgendo indirettamente anche un servizio sociale.

Come la Rivoluzione mi ha cambiato la vita. E come un motorino che si è rotto ha fatto il resto, trasformando un problema in un’opportunità. Potrebbe condensarsi così la storia di Anis Becha, ingegnere, che invece di partire per andare a perfezionare i suoi studi in Canada, come stava per fare quando è scoppiata la rivoluzione del 2011, si è ritrovato ancora nella città natale di Mahdia, dove la sua famiglia ha un’attività commerciale: le procedure per il suo visto avevano subito un intoppo proprio a causa dei cambiamenti politici in atto, e gli avevano fatto perdere il treno per un’altra possibile vita. Ma è stata la rottura del suo motorino, qualche tempo dopo, a dargli l’idea di una nuova impresa, racconta lo stesso Anis: perché non partire dalla bicicletta, per un’altra concezione del trasporto e delle consegne per le attività economiche e commerciali della città e le esigenze delle persone?

Una concezione in cui gli ingorghi automobilistici non ti riguardino, i tuoi trasporti non producano inquinamento acustico né atmosferico, e il mezzo a due ruote garantisca tempi certi di consegna, e occupazione part-time per studenti e giovani disoccupati? Oltre ad offrire un servizio personalizzato anche alle persone anziane o disabili che vivono da sole?
Da queste premesse è nata l’impresa Ala Ajla di Mahdia, rubricata come “servizio di trasporto e consegna rapida, sicura e flessibile, con bicicletta e carrello, adatta ai bisogni degli abitanti e degli operatori economici della città”.

Un’impresa che, contando sulla collaborazione di almeno sei giovani, offre una concreta alternativa ai trasporti motorizzati e svolge anche una funzione sociale, grazie al servizio di consegne porta-a-porta a favore delle persone con difficoltà a muoversi in autonomia: cosa che le fa sentire meno sole e rafforza il senso di comune appartenenza a una comunità. L’idea di Ala Ajla – realizzata grazie ai progetti Clima e Restart - è venuta ad Anis dopo che aveva inutilmente combattuto contro i ritardi subiti dal commerciante e artigiano per i tempi troppo lunghi dei trasporti. Inoltre, la soluzione rispondeva anche alle difficoltà a muoversi della madre anziana e alla mancanza di servizi di consegna a domicilio durante la pandemia.

“La città di Mahdia – spiegava nel suo business plan – conta 1987 artigiani che soffrono dello stesso mio problema”, mentre “oltre il 10% della popolazione ha superato i 60 anni”.

La sede dell’attività di famiglia si trova in una posizione centrale e strategica, quella vicino al lungomare e dove si trovano circa 150 tra ristoranti e negozi di fast-food, una ventina di laboratori artigiani e il mercato settimanale. Per le consegne più pesanti, e sempre in un’ottica di tutela ambientale, ha anche pensato a due diversi tipi di carrelli da attaccare alle due ruote, in modo da poter trasportare carichi fino a 85 kg. Carretti a loro volta costruiti riciclando materiali metallici di scarto, così sottratti all’abbandono in discarica. Presentando il suo progetto, Anis è riuscito ad entrare in un programma di incubazione proposto dall’associazione tunisina Vélorution, che accompagna dal punto di vista tecnico start-up innovative per la promozione delle attività a due ruote e la ricerca delle soluzioni più adeguate. Oltre alle consegne a destinazione, il servizio offerto da Ala Ajla prevede anche il disbrigo di pratiche burocratiche (come pagamenti e dichiarazioni fiscali), sempre a zero impatto ambientale ma con un alto valore aggiunto sul piano sociale. “Creiamo anche relazioni con le persone – sottolinea – in particolare con gli anziani, per esempio a quelli ai quali portiamo le medicine, e che spesso sono soli: perché forse i figli sono stati costretti ad andarsene o perché è questa società a lasciarli sempre più isolati”. D’altronde, anche lui avrebbe potuto lasciare per sempre la Tunisia. Dopo un viaggio di studio in Francia e in Italia – racconta – avrebbe dovuto fare un anno di perfezionamento in Canada, per il quale aveva già avuto una borsa. Ma la rivoluzione e la temporanea chiusura delle ambasciate hanno fatto andare a monte quel progetto. Ora riconosce che, se fosse andata diversamente, probabilmente adesso farebbe l’ingegnere in Canada, dove si guadagna molto di più. “La rivoluzione ha prodotto dei cambiamenti in meglio, per esempio nella libertà di espressione – conclude - ma ha anche in peggio, sul piano economico e finanziario”. Ma intanto lui, il suo contributo al Paese e alla sua città, lo sta dando così.

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