L’Fmi e il fantasma del tracollo, i giovani, il futuro
Dai dati del Fondo Monetario Internazionale a quelli della disoccupazione, fino alla sorpresa che sembrano tenere in serbo le donne: saranno loro un giorno a conquistare il mercato del lavoro? Intanto rappresentano i due terzi di quanti hanno un diploma universitario.
Partiamo dai dati macro-economici: secondo il Fondo Monetario Internazionale, nell’ottobre del 2023 la Tunisia contava una popolazione di 12,235 milioni di persone, e si preparava ad avere a fine anno un aumento dell’1,3% del Pil (crollato di 8,8 punti nel 2020, l’anno della pandemia), con una crescita dell’inflazione del 9,4%. E sempre il FMI era ancora pronto, dopo defatiganti negoziati, a offrire un prestito da quasi 1,9 miliardi di dollari per continuare ad aiutare il Paese a soddisfare le proprie esigenze di finanziamento (senza accordo con l'FMI gli analisti stimano il soddisfacimento del deficit, già pari al 7,7% del PIL nel 2022, proibitivo) in cambio di una serie di riforme, fra cui un taglio ai sussidi per le fasce sociali più deboli e una ristrutturazione delle aziende di stato, i cui debiti ammontavano nel 2021 al 40% del Pil. Ma fino al novembre 2023 il presidente Kais Saied non aveva trovato un accordo con il Fmi, accordo cui era condizionata fra l’altro anche la disponibilità dell’Unione Europea - interessata anche a una collaborazione di Tunisi per il blocco dei flussi migratori verso l’Italia - a versare circa 900 milioni di euro di assistenza macro-economica.
Quest’ultimo finanziamento sarebbe solo l’ultimo in ordine di tempo fra quelli stanziati dalla Ue dal 2011 a oggi per sostenere la Tunisia nella sua transizione democratica e socio-economica. Tramite tutti i suoi strumenti, il blocco europeo ha sostenuto le riforme democratiche e socioeconomiche, seconde politiche volte ad accompagnare i processi elettorali, promuovere i diritti umani, rafforzare gli attori della società civile, favorire l’integrazione economica e commerciale, rafforzare la sicurezza e la lotta al terrorismo e affrontare il fenomeno migratorio. L’ultimo accordo è il controverso Memorandum of Understanding siglato il 16 luglio 2023, finalizzato anche al controllo dei flussi migratori verso l’Italia, e che quattro mesi dopo risultava ancora in fase di revisione.
Ma nonostante i sostegni giunti dalla Ue come da altri soggetti internazionali restano preoccupanti i dati sulla disoccupazione, e in particolare quella giovanile. Esattamente il tema al quale si vuole guardare in questo approfondimento, dedicato alle prospettive che si possono aprire per i giovani con l’economia sociale e solidale.
La Tunisia è un Paese relativamente giovane, con un’età media di 32,7 anni. Il suo boom demografico lo ha raggiunto a metà degli anni ’80, con un tasso di crescita della popolazione del 2,8% annuo nel 1985[1]. Circa 25 anni dopo, alle soglie della Rivoluzione del 2011, quel picco si traduceva in un gran numero di giovani, tra i più istruiti del continente, che premevano su un mercato del lavoro non in grado di assorbirli. Lo dimostrano i dati del 2022, quando il tasso di occupazione era del 46%, con un distacco di 40 punti tra l’occupazione maschile (71%) e quella femminile (29%). Analoga la differenza di genere nel tasso ufficiale di disoccupazione: del 16% nel 2022, ma con un 23% delle donne, e un 13% degli uomini. E dunque partiamo da qui.
Ancora una volta, un po’ di cifre. Nonostante la Tunisia abbia registrato nel primo decennio del 2000, quando a guidare il Paese era ancora il presidente Ben Ali, un tasso di crescita vicino al 5% annuo[2], nello stesso periodo quello dell’occupazione non ha mai superato il 2%. E se tra il 2005 e il 2010 il tasso di disoccupazione è rimasto sempre intorno al 13%, nel 2011 si è avuto un balzo al 18%[3], per attestarsi un decennio più tardi tra il 15 e il 16%[4].
Quanto al fatto che la disoccupazione femminile era nel 2022 di dieci punti percentuali più alta di quella degli uomini, questa forbice non è sempre stata stabile in Tunisia: era di soli 3 punti nel 2005, ed è schizzata in alto dal 2011, aumentando fino 12,4 punti percentuali (15% il tasso di disoccupazione per gli uomini, a fronte del 27,4% per le donne secondo i dati INS (Institut National de Statistique).
Un altro dato molto rilevante è quello della disoccupazione giovanile, passata da un tasso del 25% negli anni ’90 al 35% del 2010, ma giunta dopo la rivoluzione a picchi oltre i 2/3 del totale nella fascia fino a 29 anni: nel 2018, per esempio, sul totale dei disoccupati più dell’85% erano under 35[5]. Ora, se al secondo trimestre del 2023 il tasso di disoccupazione misurato sul totale delle persone attive era del 16,1%, ma con il 21,2% per le donne a fronte del 13,1% per gli uomini, questa forbice tra i generi si ribalta guardando alla popolazione giovanile dai 15 ai 24 anni: in questa fascia di età, disoccupata al il 38,1%, il tasso di disoccupazione è più elevato per gli uomini (39,2%) che per le donne (35,8%). In realtà questo riflette una tendenza ormai consolidata, e per gli under 25 il tasso di disoccupazione femminile è inferiore rispetto a quello degli uomini ormai dal 2015[6]. E va osservato anche che, se sul piano generale la disoccupazione femminile è da anni circa il doppio di quella maschile, il tasso di attività femminile è invece in crescita da anni[7], in modo inversamente proporzionale all’età.
E, altra cosa interessante, questo è in controtendenza con il tasso di attività maschile, che anzi complessivamente negli ultimi anni ha fatto registrare un trend a una riduzione (dati INS)[8]. Secondo diversi studi[9], dunque, questa dinamica restituisce un chiaro, seppur lento e graduale, processo di femminilizzazione del mercato del lavoro, destinato a guadagnare sempre maggior ampiezza nelle condizioni politiche adeguate. E questa previsione è certamente confortata da un altro dato: in Tunisia, le donne rappresentano circa i 2/3 della popolazione in possesso di titolo universitario. Le giovani infatti sono molto più istruite e qualificate rispetto ai loro coetanei uomini.
Quanto ai diplômés chômeurs, ovvero i laureati disoccupati, anche questa porzione di popolazione mostra tassi di disoccupazione più elevati, facendo registrare un tasso di disoccupazione del 23,3% nel 2010, e del 33%[10] nel 2011, l'anno della rivoluzione, picco che si è mantenuto per il biennio successivo prima di iniziare a vedere una regressione più o meno progressiva, fino a raggiungere il dato odierno di nuovo stabile attorno al 23% (dati INS 2023). Anche qui, il rapporto tra uomini e donne è sbilanciato in una proporzione di 2 a 1, con un tasso di disoccupazione che in tutta la serie storica dal 2006 ad oggi resta stabilmente il doppio per le donne laureate. Proprio a fronte di questo, però, va osservato che nonostante la forbice esistente, per la categoria dei laureati il tasso di crescita di occupazione negli ultimi anni aumenta in modo marcato per le donne, mentre per gli uomini ha una lieve decrescita[11]: anche questo può essere colto come l’indizio di una progressiva dinamica di femminilizzazione del mercato del lavoro[12], di cui si trova riscontro comunque anche nelle curve che tracciano l’andamento del tasso di disoccupazione, in aumento per gli uomini, in decrescita per le donne[13].
Le istituzioni tunisine hanno posto la loro attenzione sul dato più allarmante in assoluto, quello della disoccupazione giovanile, e in particolar modo dei laureati. Alla radice di questa situazione vi è da un lato una questione di mancata armonizzazione tra i ritmi di crescita della popolazione giovane con un elevato gradi di istruzione, e le capacità del mondo produttivo di creare posti di lavoro sufficienti e adeguati sia per numero - 40.000 giovani ogni anno dal 2011 raggiungono l’età lavorativa - che per qualità, cioè anche per rispondere a un’offerta qualificata (formazione di livello universitario), che dagli anni ’90 si è praticamente quadruplicata, passando a rappresentare nel 2017 il 30% della popolazione in età da lavoro. L’economia e il tessuto produttivo tunisini invece generano per lo più domanda di manodopera poco qualificata: infatti il tasso di disoccupazione nelle fasce meno qualificate e istruite è notevolmente inferiore rispetto ai laureati o diplomati tecnici (vedi grafico) [14].
Questo stato di cose si comprende bene considerando che in Tunisia i 2/3 dei posti di lavoro sono creati da 4 settori, che richiedono per lo più manodopera scarsamente qualificata, offrono stipendi bassi e non garantiscono contratti stabili: agricoltura (18%), industria manifatturiera, edilizia (10%) e commercio.
La leva per modificare lo stato attuale delle cose può essere dunque costituita dal settore privato delle imprese tecnologiche e ad alto potenziale d’innovazione. Anche questo binomio però non è scontato: diversi studi[15], sia nazionali che internazionali, rilevano una notevole difficoltà da parte di questo genere d’imprese a trovare le qualifiche e le competenze che ricercano nei candidati, e questo solleva ormai da anni un problema di allineamento tra le esigenze tecnologiche e di sviluppo del settore privato e i programmi universitari e della formazione tecnico-professionale, che devono essere chiaramente aggiornati. E, quasi in modo controintuitivo, questa problematica si riscontra proprio nei laureati o diplomati in materie tecnico-scientifiche, che secondo i dati INS del 2018, rappresentavano ben il 65% dei disoccupati. Per altro verso, in linea generale i giovani formati hanno più resistenze ad accettare contratti di lavoro non corrispondenti al loro livello di competenze o non abbastanza remunerativi per il loro livello di qualifica.
RESTART si concentra sulla creazione di imprese e posti di lavoro dignitosi per i giovani, favorendo il loro empowerment per renderli attori e attrici di cambiamento nei territori in cui vivono.
Le istituzioni tunisine negli ultimi anni hanno quindi messo a punto diversi programmi, sia governativi che non, in cooperazione con ONG internazionali, nell’ambito di quella che viene denominata Pamt (Politique active du marché du travail), sviluppati su quattro assi di azione: formazione, sovvenzioni al lavoro, sostegno all’impiego e al reinserimento sul mercato del lavoro, e promozione dell’imprenditoria.
Quest’ultimo asse risulta di particolare interesse, ed è stato sviluppato su due versanti: da un lato quello governativo, in cooperazione con la Banque Tunisienne de Solidarité, principale fonte dei fondi erogati, e l’Aneti [16] (Agence nationale pour l’emploi et le travail indépendant), con le sue diramazioni territoriali come l’Espace Entreprendre; dall’altro, organizzazioni non governative, che si sono concentrate prevalentemente sulle aree più svantaggiate con programmi volti alla promozione dell’imprenditoria, soprattutto di giovani e donne. Entrambi i tipi di intervento hanno previsto corsi di formazione, programmi di accompagnamento e tutoraggio delle nuove imprese, servizi di orientamento e concessione di finanziamenti o credito. Ma la misura realizzata al livello statale non è riuscita a garantire il successo sperato, considerando che malgrado i fondi messi a disposizione, i beneficiari finali dei finanziamenti (ovvero i giovani imprenditori che riescono a portare fino in fondo il loro percorso progettuale e di avviamento) ogni anno non superano i 4.000, un numero ben al di sotto delle aspettative - secondo i dati presentati dallo studio dell’Etf[17]. Per altro verso, gli interventi portati avanti dalle Ong (più o meno integrati nel quadro dall’azione governativa), seppur implementati su scala più ristretta, sono risultati più efficaci[18].
Note:
[1] https://donnees.banquemondiale.org/indicator/SP.POP.GROW?end=2022&locations=TN&start=1961&view=chart
[2] https://www.tresor.economie.gouv.fr/Pays/TN/indicateurs-et-conjoncture
[3] https://www.ins.tn/sites/default/files/publication/pdf/note_emploi_t1_2012_fr.pdf
[4] (dati INS del 2022, che invece per l’anno precedente registravano un 18%, anche in conseguenza della crisi Covid-19).
[5] https://www.etf.europa.eu/sites/default/files/2019-08/labour_market_tunisia_fr.pdf, p. 8.
[6] http://www.itceq.tn/files/emploi/chomage-des-jeunes-determinants-caracteristiques.pdf, p. 8.
[7] Ibid., p. 12.
[8] https://www.ins.tn/publication/indicateurs-de-lemploi-et-du-chomage-deuxieme-trimestre-2023#:~:text=Au%20deuxi%C3%A8me%20trimestre%20de%20l'ann%C3%A9e%202023%2C%2038%2C1,8%20%25%20chez%20les%20jeunes%20femmes.
[9] Itceq, 2012 chômage des jeunes: déterminantes et caractéristiques; EFT, 2019, Marché du travail, dynamique des compétences et politiques d’emploi en Tunisie.
[10] https://www.etf.europa.eu/sites/default/files/2019-08/labour_market_tunisia_fr.pdf, p. 31.
[11] Ibid., p. 23.
[12]http://www.itceq.tn/files/emploi/chomage-des-jeunes-determinants-caracteristiques.pdf, p. 4; EFT, p. 52.
[13] Si veda ad esempio i dati INS 2023 in relazione a quelli dell’anno precedente, ma anche l’evoluzione dal 2020 https://www.ins.tn/publication/indicateurs-de-lemploi-et-du-chomage-quatrieme-trimestre-2022.
[14] https://www.oecd-ilibrary.org/sites/69ef3240-fr/1/3/2/index.html?itemId=/content/publication/69ef3240-fr&_csp_=b761230a8999f8beacd8ece055fd92bb&itemIGO=oecd&itemContentType=book#figure-d1e8925
[15] Ibid; Labour Market in Tunisia, EFT, pp 60-63: ttps://www.etf.europa.eu/sites/default/files/2019-08/labour_market_tunisia_fr.pdf
[16] https://www.etf.europa.eu/sites/default/files/2019-08/labour_market_tunisia_fr.pdf, p. 60.
[17] Ibid., p. 62.
[18] Idem; Organizzazione Internazionale del Lavoro, L’inventaire de l’emploi des jeunes en Tunisie: 30 ans de politiques de l’emploi, pp. 68-69 : https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---ed_emp/documents/publication/wcms_444914.pdf