Promuovere i processi e la cultura del riciclo, l’azione di Restart

In Tunisia resta ancora molto da fare per un’efficace politica di raccolta, gestione e riciclo degli scarti. Ma concertazione e sensibilizzazione della cittadinanza sono parole chiave, e Restart fa la sua parte.

La Tunisia non è stata esente dai grandi cambiamenti dell’ultimo secolo, quando la popolazione mondiale è quadruplicata e quella concentrata nei centri urbani, dove secondo stime Onu si produce il 70% dei rifiuti a livello globale, è cresciuta di 20 volte. Anche la Tunisia, infatti, è stata interessata da processi di industrializzazione e urbanizzazione, con conseguente aumento dei consumi e dei rifiuti[1].

Sin dagli anni Novanta del secolo scorso ha affrontato la sfida del trattamento dei rifiuti, dotandosi di leggi e strategie che però non sono riuscite a tenere il passo con le esigenze reali. Questo per mancanza di mezzi, di sensibilizzazione e partecipazione a tutti i livelli della società, di cooperazione tra pubblico e privato, di capacità politiche e amministrative. Tanto più che la gestione dei rifiuti dipende in parte da un livello centrale - con la competenza di due dipartimenti ministeriali, quello dell’Ambiente e quello agli Affari locali (in seno al medesimo Ministère des Affaires Locales et de l’Environnement) - e in parte dalle municipalità, con una conseguente frammentazione della governance[2].

Come segnalano le stesse autorità ministeriali e le diverse agenzie nazionali competenti, in Tunisia non esiste un sistema strutturato di raccolta e analisi di dati, quantitativi e qualitativi, relativamente al settore dei rifiuti[3]. Questo significa che le stesse istituzioni ricorrono a ricerche accademiche e studi indipendenti, e che proprio per l’assenza di una base di dati solida può non esservi corrispondenza tra le stime e i bisogni reali. Così, ad esempio, le discariche finiscono per riempirsi prima del previsto generando un impatto pesante sul territorio, e vi è una perdita inestimabile derivante dalla mancata valorizzazione dei rifiuti.

Secondo le stime Anged (l’Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti) del 2020, relative all’anno 2018[4], la Tunisia produce più di 2,8 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, con un tasso pro-capite medio di 1 kg al giorno e uno scarto di circa 0,7 kg tra le zone urbane, maggiori produttrici di rifiuti, e quelle rurali. Delle quasi 3 tonnellate di rifiuti annui, tra l’80 e l’85% sono destinati all’interramento nei centri preposti, mentre per la restante parte i rifiuti solidi vengono abbandonati in discariche “anarchiche” a cielo aperto che si creano sia nelle zone urbane che in quelle rurali, e in cui viene depositato ogni tipo di materiale, compresi i rifiuti tossici, pericolosi o provenienti dall’edilizia. A essere riciclata è una porzione infima degli scarti prodotti: il 4% dei rifiuti domestici solidi; il 5% degli scarti organici, quando invece tali residui sono il 68% dei rifiuti prodotti; il 24% degli imballaggi in carta, cartone o plastica. Per quanto riguarda la plastica, le stime del 2020 fornite dall’Anpe (l’Agenzia nazionale tunisina per la protezione ambientale) registravano un consumo medio pro-capite di 23 Kg all’anno, per un equivalente di 250.000 tonnellate totali di rifiuti in plastica su scala nazionale: di questo circa il 32% viene disperso nell’ambiente, il 4% nel mare e solo il 4% è destinato al riciclo. Questo lacunoso sistema di trattamento dei rifiuti riesce a garantire il servizio soltanto per il 55% della popolazione tunisina, secondo un rapporto sempre dell’Anged del 2018.

La situazione generale si è andata degradando dopo la rivoluzione del 2011, in conseguenza dell’instabilità, dei mutamenti di governance nelle amministrazioni locali e di una diminuita capacità sanzionatoria, per cui si è avuta un’impennata delle discariche “spontanee” a cielo aperto. Dopo la riforma del codice delle collettività locali promulgata nel 2018, il Ministero degli affari locali e dell’ambiente ha disposto l’elaborazione di una nuova strategia nazionale per la gestione dei rifiuti, con un piano d’azione 2020-2035 che ha stabilito tre obiettivi generali: tutela dell’ambiente e delle risorse; miglioramento della qualità di vita della cittadinanza; riduzione degli effetti dei cambiamenti climatici. Previsti anche quattro obiettivi specifici da raggiungere entro il 2035, parametrati sui dati del 2020 già citati: una riduzione del 10% nella produzione di rifiuti domestici e assimilati; un aumento del 20% delle capacità di trattamento differenziato e del riciclo; un aumento del 40% dei rifiuti valorizzati in termini energetici o organici; una riduzione del 60% dei rifiuti domestici nelle discariche.

La stessa Anged ha individuato i nodi  critici da superare: la mancanza di cooperazione e concertazione tra i diversi attori, ma anche di comunicazione interistituzionale e verso la cittadinanza; la scarsità di risorse umane con una preparazione adeguata nelle istituzioni anche locali; l’incompletezza del quadro normativo; la mancanza di mezzi materiali da parte delle comunità locali; il progressivo aumento dei rifiuti prodotti e l’assenza di un approccio preventivo per il loro trattamento; l’insufficienza e scarsa incisività dei programmi di sensibilizzazione ed educazione ambientale; la lentezza dello sviluppo dei sistemi di gestione in particolare per alcune filiere (come quella della plastica); la scarsa partecipazione del settore privato nel settore; la scarsità delle risorse finanziarie; le difficoltà nel valorizzare i rifiuti e i prodotti ottenuti dal riciclo.

Nel quadro del progetto RESTART, i progetti pilota hanno voluto affrontare proprio questi livelli di criticità, puntando in primo luogo sulla concertazione tra tutti gli attori: dalla cittadinanza alle istituzioni locali deputate – ma bisognose di formazione, informazioni, supporto e partenariati – fino alle organizzazioni della società civile e alle imprese private con competenze in materia.

Si è inoltre lavorato sulla sensibilizzazione e formazione dei cittadini e dei giovanissimi; su sistemi d’informazione e comunicazione diretta tra cittadinanza e istituzioni per la mappatura delle discariche “spontanee”; sul coinvolgimento del privato o privato sociale, accanto alle municipalità, nelle azioni di raccolta, trattamento e valorizzazione dei rifiuti.

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Note:

[1] https://eni-seis.eionet.europa.eu/south/countries/tunisia/key-docs/key-links/evaluation-nationale-indicateurs-h2020-pan, pp 9; 12.
[2] Stratégie Nationale de gestion intégrée et durable des déchets managers et assimilés, p. 96.
[3] Ibid., p. 4;  https://eni-seis.eionet.europa.eu/south/countries/tunisia/key-docs/key-links/evaluation-nationale-indicateurs-h2020-pan, p. 11.
[4] https://eni-seis.eionet.europa.eu/south/countries/tunisia/key-docs/key-links/evaluation-nationale-indicateurs-h2020-pan, p. 16. 

 

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