CitEss, poli dell’Economia sociale e solidale

Le esperienze maturate in questi anni, a Sidi Bouzid come a Mahdia, dimostrano come anche nelle realtà più difficili, e dove è più forte la tentazione di emigrare, la ESS possa essere una delle risposte possibili per tornare a credere nel futuro.

La crisi generale che da anni attraversa la Tunisia, sotto il profilo economico-finanziario e della liquidità, ha pesanti ripercussioni sul tessuto economico e imprenditoriale nelle realtà locali e colpisce in particolare il settore privato. Sono sempre meno le start up avviate nell’ultimo periodo, come mostra anche la riduzione dei crediti da parte della Banca tunisina di solidarietà. Ciononostante, l’esperienza della CitEss dimostra come anche in una realtà difficile come quella di Sidi Bouzid - capoluogo della regione agricola dove il suicidio del venditore ambulante Mohammad Bouazizi fece da innesco alla rivoluzione del 2011 - si possa trovare il modo di orientare i giovani portatori di progetti nella direzione dello sviluppo del territorio e della creazione di valore aggiunto sul piano economico, sociale e ambientale. Per esempio si è puntato molto sul comparto della trasformazione dei prodotti agroalimentari, in linea con la vocazione produttiva locale. Ma il grande nodo critico è rappresentato dal disagio e dalla frustrazione dei giovani, che non vedono all’orizzonte sbocchi lavorativi  né spazi per lo sviluppo delle loro progettualità. Quello che serve per ridare speranza, in particolare a quanti vivono nelle comunità locali più marginalizzate, sono dunque strumenti di supporto e finanziamento adeguati per la micro-imprenditoria ad alto valore sociale.

Le iniziative imprenditoriali dei giovani – ci racconta Hichem Hajlaoui, direttore della CitEss di Sidi Bouzid – spesso si strutturano in progetti collettivi, in particolare nel settore delle nuove tecnologie digitali, dove appunto i protagonisti si organizzano in forme di lavoro collaborativo. Il problema cruciale è però il sistema tunisino del credito, che prevede linee di finanziamento solo per le imprese classiche e individuali, e nulla per le imprese collettive. Conseguentemente, se per un verso troppi giovani finiscono così per lavorare nell’informalità, dall’altro il mancato accesso al credito inibisce lo sviluppo e l’innovazione in settori cruciali come la digitalizzazione, di cui il Paese ha estremamente bisogno.

“Rispetto a queste sfide il ruolo dell’associazione è stato fondamentale – sottolinea Hajlaoui - e decisivo è anche l’apporto che può venire dall’ESS, soprattutto per quanto riguarda il lavoro collaborativo, con i suoi metodi, le sue strategie e il suo potenziale. Proprio su queste caratteristiche CitEss ha orientato le sue iniziative di sensibilizzazione, formazione e sostegno sin dalla sua nascita nel 2018, per portare le realtà imprenditoriali collettive a strutturarsi e non restare nell’informalità. Questo processo crea anche una dinamica economica, permettendo a chi ha avviato un’impresa in modo informale di registrare la propria attività e farla poi crescere di scala, creando impiego e benefici che ricadono sul territorio”. Inoltre, prosegue, “questo è stato possibile grazie all’aspetto della prossimità, su cui CitEss punta da sempre, permettendo anche al tessuto sociale e ai giovani, portatori di idee, di avere un punto d’osservazione ottimale per comprendere quali siano i bisogni del territorio, e quindi orientare i loro progetti verso le necessità esistenti, portando soluzioni e risposte ancorate ai bisogni reali della comunità”.

Polo CitESS

Località: Sidi Bouzid

Al polo citESS si appoggiano produttori locali, agricoltori e associazioni che praticano l'economia sociale e solidale nella regione di Sidi Bouzid

Questa e altre storie di Tunisia sono sul web-documentario:   www.tunisia.cospe.org

C’è infine un altro problema importante, al quale proprio l’ESS e i suoi poli come CitEss possono dare una risposta e una ragione di ottimismo. “Ormai a voler emigrare sono anche i giovani più istruiti – sottolinea il direttore di Citess –, le persone con diploma universitario, competenze e progetti imprenditoriali: dato che qui, in Tunisia, chi ha idee innovative generalmente non riesce a realizzarle, se non magari dopo anni. Analogamente, chi ha una laurea può metterci anni per trovare un impiego adeguato e uno stipendio consono. Dal 2015 si è registrato un aumento dell’emigrazione proprio fra questi giovani più preparati, mentre prima ad andarsene erano in maggioranza persone con scarsa istruzione e poche competenze. Per questo è importante lavorare in rete con tutti gli altri attori – istituzioni, privati, società civile – che possono avere rilievo nello sviluppo dell’ESS, incidendo soprattutto sul sistema del credito alle iniziative dei giovani e potenziando le occasioni di impiego tramite la valorizzazione dei territori.

Proprio a questo fine, CitEss si è collocata sin dalla sua nascita come anello di congiunzione tra i diversi attori locali tra cui l’Espace Entreprendre, antenna regionale dedicata alle attività d’imprenditoria in seno all’Aneti - Agence nationale pour l’emploi et le travail indépendant, partner del progetto. Ma anche altre agenzie statali come la Pépinière d’Entreprise delll’Apii (Agence de promotion pour l’industrie et l’innovation), e varie realtà associative o cooperative del territorio. La creazione di questa rete, impegnata per lo sviluppo dell’ESS e coinvolta nei tavoli di discussione per dare una disciplina giuridica alle imprese e attività di ESS, ha raggiunto risultati su più piani. Se per certi versi, infatti, le stesse strutture e istituzioni hanno sviluppato una maggiore ricettività nei confronti di queste iniziative di ESS, è soprattutto sul piano culturale che si è avuto un cambiamento tangibile: per gli attori imprenditoriali o cooperativi che hanno iniziato a lavorare insieme, è stata soppiantata la tipica mentalità di competizione tra imprese a vantaggio di dinamiche e relazioni cooperative e collaborative da cui tutti sono riusciti a trarre beneficio (ad esempio unendosi e crescendo di scala, o giungendo a formalizzare cooperative come enti giuridici). E questo è tanto più rilevante – spiega Noureddine Missaoui , a capo dell’Espace Entreprendre di Sidi Bouzid– in una regione come quella di Sidi Bouzid, dove il 90% del tessuto imprenditoriale è composto da micro, piccole e medie imprese, e in cui il numero medio di posti di lavoro offerti è di tre a impresa. Sempre Noureddine aggiunge che un altro cambiamento importante è quello che ha investito il settore dell’agricoltura, dove proprio la spinta alla formalizzazione ha determinato un netto miglioramento delle condizioni sia lavorative che salariali soprattutto per le lavoratrici, oggi più tutelate; lo stesso è accaduto per molte artigiane che accedendo a realtà cooperative sono riuscite a trovare canali di vendita per i loro prodotti. Altra nota di orgoglio per la CitEss è la creazione di una nuova generazione d’imprenditori: “molti dei giovani promotori d’impresa che hanno beneficiato di un accompagnamento da parte della CitEss – conclude Hichem – hanno aderito all’associazione e continuato ad accompagnare altre giovani imprese, con attività di mentoring e inquadramento, restituendo alla comunità il savoir faire acquisito durante il percorso con la CitEss”. Infine, si è cercato di sensibilizzare la comunità a un consumo più responsabile e partecipato, attento ai prodotti del territorio e consapevole del loro valore anche sociale, se frutto dell’ESS.Anche questa è una sfida, perché punta a incidere su mentalità e abitudini di consumo radicate tramite la prossimità e la condivisione.

Alla CitEss di Sidi Bouzid si collega infine  ArtESS, lo spazio che ospita ancora oggi l’associazione , concepito come spazio di lavoro collaborativo per produttori, artigiani e imprenditori della regione, realizzato insieme a COSPE, due imprese private, e il Consiglio regionale. ArtESS  ha una forma giuridica autonoma come cooperativa, alla quale hanno aderito soprattutto produttori locali ed artigiani, in particolare donne, molto attive nella valorizzazione del territorio e dei prodotti locali. 

 

Mahdia, il turismo non basta: l’ESS una risposta all’emigrazione

A parlarci della CitEss di Mahdia è la sua presidente Hela Sfaihi, docente di Scienze economiche e di gestione all’Istituto superiore di studi tecnologici di Mahdia ed esperta di Economia sociale e solidale. “Restart ha previsto una fase di accompagnamento dell’impresa dopo la sua creazione: così i protagonisti del progetto sono stati sostenuti nell’affrontare i problemi non preventivati, il marketing, il mercato”. Hela ci accoglie nella sede ariosa e piacevolmente arredata dell’associazione: un appartamento in una bella villetta intonacata di bianco, gli oggetti di imprese artigiane socie esposti un po’ ovunque, un’ampia terrazza sul tetto con vista sul mare. Mahdia è una città di mare con molte strutture turistiche e un bel centro storico ricco di vestigia del passato, allungato sull’ultima estremità della penisola che chiude a sud il golfo di Hammamet. Le sue lunghe spiagge di sabbia bianca sono nuovamente frequentate anche da molti turisti, finalmente tornati a occupare i grandi e lussuosi alberghi sulla costa rimasti semivuoti negli anni passati, prima per gli attentati del 2015 e poi per la pandemia. Ma il turismo - insieme alla pesca, all’artigianato e alla coltura degli olivi - non basta a disincentivare le partenze di chi vuole tentare la fortuna in Europa, tanto che Mahdia è un importante bacino di emigrazione, sia di quella regolare che di quella irregolare via mare. “Penso che l’Economia sociale e solidale possa rappresentare un’alternativa all’emigrazione, anche se non è l’unica – osserva Hela –: i microprogetti rafforzano infatti il legame con il territorio e la comunità”. E possono dare una risposta anche a chi, partito da irregolare, accetta di fare ritorno in patria, aggiunge. Il riferimento è a un progetto di rientro assistito - realizzato dalla CitEss Mahdia con altri partner  – che trova proprio nell’ESS un’occasione di re-inserimento sociale, aiutando anche a superare l’eventuale percezione di un fallimento personale.

Tornando all’esperienza di RESTART, a Mahdia vi erano già state esperienze cooperative nei settori produttivi tradizionali - spiega ancora la direttrice di CitEss - ma mancava una rete che fornisse sostegno nei diversi aspetti della loro attività, trovando radice proprio nel territorio e nella comunità locale. I progetti di agenzie nazionali di sostegno all’impiego e alla piccola imprenditoria oppure quelli finanziati con fondi europei – osserva - rischiano di non raggiungere i risultati sperati, se manca proprio questo legame con le associazioni della società civile. Le istituzioni governative infatti, spiega, non sono in grado di coinvolgerle, e così finisce per prevalere un metodo burocratico di gestione delle risorse dall’alto. Proprio l’associazionismo può invece fornire l’intermediazione necessaria e l’intercettazione dei reali bisogni del territorio. Del resto, “senza la società civile non ci sarebbe stata una legge quadro sull’Economia sociale e solidale”, sottolinea l’esperta di ESS, a proposito della cornice normativa varata nel 2020. Alla quale però, conferma, non sono ancora seguiti i regolamenti attuativi.

Inevitabile chiedere a Hela - nei giorni caldi del settembre 2023, in cui i grandi flussi di migranti anche subsahariani mettevano a dura prova le strutture e le forze di prima accoglienza a Lampedusa – cosa pensasse del Memorandum precedentemente siglato tra Tunisi e l’Unione europea, volto a contenere quelle massicce partenze e fornire quasi un miliardo di euro all’economia tunisina. “Sento molto scetticismo su questo memorandum – risponde – e in generale molta sfiducia nel futuro: anche i professionisti se ne vanno con i figli, perché non vedono prospettive per il loro futuro, i tassi di investimento interno sono bassi,mentre sono schizzati i tassi d’interesse sul credito, per cui investire è sempre più difficile per i tunisini. C’è un clima di attesa preoccupata e preoccupante. Ma se l’Europa davvero vuole che la Tunisia faccia da guardia di frontiera, non lo possiamo e non lo vogliamo fare. Non è il nostro compito, e non si può sminuire così il valore di un Paese. La Tunisia ha tante risorse: il sole, il mare, la sua natura, i suoi giovani con tanti progetti e un ottimo livello d’istruzione, la grande forza delle sue donne. Ho sempre lavorato per la Tunisia, e negli ultimi due anni è stato particolarmente difficile: ma sono ottimista, perché credo nei suoi giovani e nelle sue donne”.

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